Il testo che segue, redatto nel 1984, è una introduzione al progetto di elaborazione di libretti di storia latino-americana, studiati per superare le falsificazioni operate dalla storiografia ufficiale, nel corso dei secoli. La loro caratteristica doveva essere quella di essere scientificamente accurati ma di facile lettura.
Ne furono responsabili diversi studiosi, sotto la guida di Eduardo Hornaeert, di nazionalità belga ma che da decenni vive in Brasile. Paolo fu autore di un buon numero di queste opere, elencate nella Bibliografia.
1) IL RICUPERO STORICO POPOLARE NON È FACILE. PERCHÉ?
Il fine di questa relazione è riferire l’esperienza della CEHILA-popolare nel Nordest del Brasile. Un’esperienza limitata, che vuole restare limitata e ristretta al Nordest brasiliano.
Mao Tse Tung, nel suo libretto rosso, scriveva: “La storia dell’umanità è un movimento costante del regno della necessità verso il regno della libertà. In una società dove sussistono classi sociali, la lotta di classe non finirà mai. E la lotta tra il vecchio e il nuovo, tra i vero e il falso, continuerà indefinitamente nella società senza classi. L’ultima funzione del sapere storico quindi è fare un equilibrio delle esperienze dell’umanità, in materia di scoperta, di invenzione, di creazione, di progresso”.
Nella società delle classi, la storia fa parte degli strumenti che la classe dominante usa per mantenere il suo potere.
Lo Stato, il potere, organizzano il tempo passato e creano l’immagine di questo in funzione dei loro interessi politici e ideologici.
Il campo in cui opera lo storico è profondamente segnato e delimitato dal dispositivo della repressione. La nostra memoria è la memoria del potere, di quello che il potere vuole che rimanga conservato.
La memoria del potere funziona come un mostruoso macchinario di conservazione: archivi dell’apparato dello Stato (fisco, moneta…), archivi della Chiesa (contabilità ecclesiastica, registri parrocchiali, ospedali…), archivi di potenze particolari (grandi marche di signori, grandi compagnie commerciali).
In realtà, possiamo conoscere solo quello che riusciamo a dedurre dalle serie di indici che l’apparato del potere ha registrato e ci ha trasmesso.
L’apparato dello Stato controlla il passato e la memoria collettiva, appoggiandosi sulle “fonti”. Ma spesso queste sono “sequestrate nella fonte”.
Esiste per questo il segreto degli archivi, la distruzione del materiale imbarazzante. In Brasile, il ministro dell’Industria, Ruy Barbosa, dopo la “abolizione della schiavitù” ordinò di bruciare negli archivi tutte le liste e tutti i documenti sulla schiavitù, per spegnere questa “vergogna nazionale”.
Questo controllo dello Stato fa si che pagine intere della storia del mondo siano registrate solo attraverso quello che hanno detto o hanno lasciato dire gli oppressori.
L’occultamento è uno dei metodi più comuni, in questo dispositivo di controllo della passato da parte del potere. Quelli che stanno al potere non hanno interesse che gli altri scoprano come essi sono arrivati al potere. La classe a-storica è precisamente la classe dominante. Per questo ci troviamo di fronte a un popolo che non conosce la sua storia.
Gli storici sono convinti di disporre di una autentica libertà scientifica, ma, in realtà, essi nella loro attività professionale, riproducono tutti i comportamenti caratteristici della società capitalista nel suo insieme.
Quello che diciamo sul ruolo del potere della Stato, si riferisce anche alla Chiesa. Anche la Chiesa controlla le fonti della storia e ovviamente la sua storia è a servizio di quelli che stanno ora al potere.
2) RICUPERO STORICO POPOLARE. PERCHÉ?
“Se è vero che la storia universale è la catena degli sforzi che gli uomini compiono per liberarsi dai privilegi, dai pregiudizi e dalle idolatrie, non si capisce perché il proletariato, che vuole costituirsi come nuovo anello di questa catena, non debba apprendere come, perché e da chi è stato preceduto e approfittare di questa conoscenza a vantaggio proprio” (A. Gramsci).
Lo studio del passato è, quindi, a servizio del presente e del futuro. Per le forze popolari in lotta per la liberazione nazionale e sociale, il passato è allora un oggetto politico, un tema di lotta. La classe capace di capire immediatamente la storia è la classe popolare. La capisce perché la vive. Aspetta la storia. Vuol uscire da una situazione, ho un dinamismo storico scritto nella sua vita.
La storia è anche luogo id una rottura, l’occasione di affermare che deve cominciare un mondo qualitativamente nuovo.
Per questo, è necessario uscire dal campo storico classico e dalla sua cronologia. In questo modo, il qualitativo afferma il suo primato sul quantitativo, il discontinuo sul continuo. È facile definire la funzione della storia nella prassi sociale delle classi dirigenti, più complessa è la relazione attiva che le lotte popolari hanno stabilito con il loro passato.
E qui sorgono una quantità di domande:
– Dobbiamo privilegiare di più le lotte marginali e minoritarie o le lotte principali, forti?
– La relazione al passato è importante ugualmente per gli operai, i contadini e gli artigiani?
– Il ricordo al passato è servito molte volte alla borghesia per riunire le masse attorno a sé. Quando si è trattato di un passo autenticamente popolare?
– Come distinguere i miti storici veramente popolari, diffusi in mezzo alla gente, e quelli che la borghesia fabbrica a beneficio proprio?
Il rigore scientifico è una esigenza intellettuale astratta, ma una delle condizioni per una analisi politica coerente.
Chi presenta al popolo false leggende rivoluzionarie, chi lo distrae con storie fantasiose è altrettanto criminale come il geografo che ha redatto carte menzognere per i naviganti.
3) RICUPERO STORICO DI UN POPOLO SENZA MEMORIA.
La nostra esperienza è stata ed è un processo di ricupero storico. In questo processo, partiamo dalla considerazione che il nostro popolo soffre di amnesia storica. Il popolo non ha una sua memoria, o piuttosto la memoria che resta nel popolo è la memoria trasmessa dalla classe dominante.
Alcuni esempi possono aiutare a comprendere meglio questa situazione:
– Si è insegnato e si insegna che il popolo brasiliano è pacifico, evita le lotte, mentre, in realtà, la nostra storia è una catena di lotte e di rivolte;
– Si ripete che i nostri indiani non avevano una cultura ed erano nomadi (anche in confronto con gli indiani dei paesi colonizzati dagli spagnoli);
– L’abolizione della schiavitù è considerata un gesto di bontà della principessa Isabella, dimenticando la lotta dei negri per la loro liberazione, i “chilombo” (villaggi isolati, con amministrazione propria, in cui si rifugiavano gli schiavi fuggiti dai padroni) e i movimenti per l’abolizione;
– Tiradentes, il martire della “slealtà mineraria” (primo grido di vera indipendenza della colonia), è trasformato nel patrono della polizia militare;
– Nelle scuole si parla di storia e cultura della Grecia e di Roma, ma non si dice nulla della storia e delle culture dell’Africa e delle culture precolombiane nella nostra America Latina. Esiste solo la cultura e la storia dei bianchi, degli uomini, degli sfruttatori, dei vincitori.
Diceva Simon Rodrigues: “Invece di pensare ai medi, ai persiani, agli egiziani, pensiamo agli indiani. Vale di più capire un indiano che il poeta latino Ovidio”.
4) INTELLETTUALI ORGANICI.
È qui che entra il nostro compito di educatori, di intellettuali organici.
Noi vogliamo che il nostro lavoro permetta alle classi subalterne di ricuperare, elaborare e divulgare una concezione del mondo legata organicamente ai loro interessi e non continuare ad essere strumento ideologico utilizzato dalle classi dominanti per la conquista e il mantenimento della loro egemonia.
Vogliamo passare da una educazione per il popolo (e cioè i valori politici dei gruppi esterni al popolo tradotti in un linguaggio accessibile al popolo, perché esso assorba questi valori di gruppi esterni) ad una educazione del popolo (i valori culturali dei gruppi popolari tradotti attraverso l’educazione portata ad essi per essere assunti dal popolo stesso).
Il problema non è quindi tradurre la storia trasmessa dalle classi dominanti in un linguaggio popolare, ma di presentare la storia partendo dal popolo emarginato, perché esso possa vedere meglio il presente con l’aiuto del passato.
Vogliamo una storia che sia critica, non una trasmissione di conoscenze belle e fatte, senza permettere che il popolo partecipi alla loro elaborazione.
La conoscenza del passato, senza dubbio, dipenda dalla qualificazione tecnica.
Nella nostra società il sapere storico circola nella società in un senso unico: elaborato in compartimenti stagni, nelle sfere più alte della ricerca specializzata, per poi scendere, di livello in livello, degradandosi (manuali scolastici, storici dilettanti, volgarizzazione).
Vogliamo reagire a questo degrado, vogliamo conservare la serietà scientifica e, nello stesso tempo, aprire l’accesso al popolo.
5) PUNTO DI PARTENZA: LE PREOCCUPAZIONI REALI DELLE MASSE.
Il nostro lavoro di ricupero storico non è neutro. Ricordiamo il passato per costruire un nuovo presente e futuro.
La nostra esperienza nordestina (della regione del Basile chiamata “Nord Est”) di ricupero storico non è nata come esercizio accademico. È sorta da persone che erano e sono preoccupate con l’educazione popolare. La preoccupazione era ed è permettere alle classi subalterne di elaborare e divulgare una concezione del mondo legata organicamente con i loro interessi.
Per questo, il nostro punto di partenza sono le preoccupazioni odierne della masse e non la pura preoccupazione di informare. Partiamo dalla pratica sociale e dalla lotta politica attuale (per esempio, la questione della razza, il problema della terra, la questione operaia, la teologia della liberazione, la repubblica come partecipazione di popolo). Diamo la preferenza ai fatti del passato che possono illuminare le lotte di oggi.
La prima attività degli storici popolari è convivere e ascoltare i lavoratori, i contadini, le donne, i negri, gli emarginati, le loro esperienze e le loro domande.
Un proverbio cinese, citato molte volte da Mao, dice che per una rana caduta nel pozzo, il cielo ha la dimensione dell’apertura del pozzo.
Dobbiamo partire dall’esperienza, alle domande sorte a partire da questo pezzo di cielo. La decisione di scrivere la storia a livello popolare non è sorta, e non deve sorgere, nello studio di un professore o nella cellula di un partito, ma dalla convivenza con la gente.
Il progetto di ricerca storica, di ricupero è qualcosa deciso collettivamente, in vista di un progetto rivoluzionario.
Inizialmente chi dirige, che sceglie il campo di ricerca, del ricupero, la sua direzione sarà nei gruppi organizzati, nei militanti politici e non direttamente nelle masse, perché il cammino è molto lungo per arrivare ad una autentica democrazia di base. Gli storici popolari professionisti si pongono a servizio di questo progetto. L’attività intellettuale non è un obbiettivo politico in sé, ma deve essere a servizio delle lotte attuali del popolo.
6) IL POPOLO VUOLE CONOSCERE LA SUA STORIA.
Un fatto si impone: il popolo esige di conoscere la sua storia. La moltiplicazione di pubblicazioni sulla storia rivela questa volontà. Anche i romanzi “storici” si stanno moltiplicando.
Nonostante i rimpianti, esiste una memoria storica, o meglio esistono miti del passato (in Brasile abbiamo il mito di Getulio Vargas, della principessa Isabella) che non sono mai neutri e molte volte diventano una trappola.
Dopo la proclamazione della Terza Repubblica, Marx diceva: “Il dramma dei francesi, e anche degli operai, sono i grandi ricordi. È necessario che gli avvenimenti finiscano una volta per tutte il culto reazionario del passato”.
Gramsci sentì in maniera acuta quello che c’era di avvincente e di diminuzione in questo riferimento al passato e ai modelli del passato.
Il diritto alla memoria collettiva significa il diritto a definire nel passato quello che ritarda i processo e quello che aiuta. Dimentichiamo il passato come il riferimento – trappola, ma nello stesso tempo mettiamo il passato a servizio del presente per aiutare ad aprire il futuro.
7) IL PROBLEMA DEL LINGUAGGIO.
Come riuscire a trasmettere alla gente semplice e quasi analfabeta?
Come fare perché la gente riesca a sentire come propria la storia passata?
Come fare perché la gente possa vedere meglio il presente con l’aiuto del passato?
Cerchiamo di superare queste difficoltà con il dialogo, la convivenza in mezzo alla gente, e presentando, dibattendo i testi, le frasi con le persone del quartiere, spiegando il contenuto e chiedendo con quali parole potremmo presentare agli altri questo contenuto. È stato e continua ad essere un lavoro lento, che richiede molto distacco, umiltà e capacità di ascolto.
Parlando di linguaggio, includiamo anche il disegno.
Il disegno, come la parola scritta, deve essere a servizio della trasmissione e del contenuto. L’importante non è che il disegno sia bello, ma che sia espressivo di quello che vogliamo trasmettere.
A volte, nelle storie a fumetti i personaggi sono caricaturati, il che può provocare una reazione negativa nel lettore. Non possiamo caricaturare un lavoratore, un indiano, un povero, un negro. Chi legge deve sentirsi coinvolto e deve identificarsi. Molte volte, un disegno parla più di molte parole.
E qui nasce una difficoltà: dove trovare un disegnatore che non si preoccupi tanto della perfezione del tratto, quanto piuttosto del messaggio da trasmettere?
Il disegnatore, quindi, non può essere qualcuno che è fuori dal processo, non può essere solo un tecnico, ma qualcuno profondamente coinvolto nella problematica, e nel progetto che cerchiamo di sviluppare.
8) UNA STORIA NUOVA.
Una storia a partire dagli oppressi è qualcosa di nuovo! Non deve solo tradurre in linguaggio popolare i concetti difficili. Una storia a partire dagli oppressi e in favore degli oppressi deve avere criteri differenti. Non può essere costruita con gli stessi criteri della storia che si sta insegnando nelle scuole e che è trasmessa dalle classi dominanti (proiezione di eroi, dimenticanza del ruolo delle masse, dimenticanza del ruolo dell’economia, dimenticanza della storia che interroga il presente).
Infine le difficoltà di una valutazione continua, di accompagnamento e ricevimento da parte dei lettori.
Consegneremo ai lettori qualcosa che pensiamo ed elaboriamo, ma tutto questo come è ricevuto? Che cosa provoca nei lettori?
Abbiamo già fatto un tentativo di consegnare i testi ai gruppi, i gruppi riflettono, dibattono e la nostra presenza arriva dopo, per rispondere alle domande.
9) DOMANDE.
a) Qual è il ruolo dello storico popolare, del gruppo che lavora nella elaborazione dei libretti?
San Tommaso d’Aquino diceva che “tutto quello che è ricevuto, è ricevuto secondo il ricevente”. Un proverbio arabo dice: “L’uomo somiglia più al suo tempo che a suo padre”.
Comprendiamo il passato nella misura in cui comprendiamo il mondo nel quale viviamo. Il passato è interrogato a partire dai problemi del nostro tempo. Il passato può offrire molti contributi per il giorno di oggi, nella misura in cui lo storico è qualcuno impegnato nell’oggi, nella lotta popolare di liberazione. Se lo storico non è impegnato nelle lotte popolari, nella sua storia non privilegerà i movimenti popolari ma i contatti con il palazzo, la storia a partire dai dominatori.
b) L’imparzialità dello storico è una leggenda alimentata da chi vuole difendere i propri interessi.
L’elaborazione storica riflette sempre il tempo, la classe sociale, il paese di origine, il mezzo politico dello storico.
L’unica parzialità oggi compatibile con l’ansia della verità è quella dello storico impegnato con la classe proletaria, perché solo il popolo ha tutto da guadagnare, in tutte le circostanze, con la conoscenza della verità.
Le menzogne sociali sono servite e servono per ingannare la verità. Il popolo rifiuta le menzogne perché vuole essere costruttore della storia, vuol conoscere la verità per costruire una società nuova.
Lo storico dovrà essere, quindi, un vero “intellettuale organico”.
c) E le fonti?
Siamo coscienti che i documenti storici, anche contemporanei, riflettono in maniera incompleta la realtà storica. Riflettono le preoccupazioni e gli interessi di chi li ha prodotti, nella maggioranza dei casi, le classi dominanti.
Si pone qui, allora, la domanda: come produrre materiale che serva di fonte per gli storici popolari?
Come fare perché le fonti siano a disposizione del maggior numero possibile di persone?
Pensiamo che le pubblicazioni di CEHILA stanno camminando in questo sentiero, e dobbiamo quindi rafforzare queste iniziative.
Le nostre pubblicazioni, popolari o no, dovranno eccellere per il loro rigore scientifico, e questo non tanto per evitare le critiche degli storici non impegnati (che sono impegnati con lo status quo), ma giustamente perché, come intellettuali organici, abbiamo il culto della verità.
d) Torniamo a trattare ancora un po’ sulla trasmissione.
– Il linguaggio deve essere appreso insieme con il popolo. Linguaggio semplice, diretto, ma attento a non abbassare i concetti (per esempio: chi traduce “capitale” con “denaro” non è un intellettuale organico ma un intellettuale superficiale.
– Un altro problema a livello di trasmissione è quello presentato dalla televisione e il cinema, per i libretti a fumetti “in scatola”. Non dobbiamo preoccuparci con questa concorrenza, perché noi siamo Davide di fronte a Golia. Però sorge una domanda: come fare perché la gente riprenda il gusto di leggere? L’esempio del popolo del Nicaragua, nel suo sforzo di alfabetizzazione, costituisce un modello e una sfida per tutti noi.
e) I nostri libretti non dovrebbero essere chiusi, non dovrebbero contenere l’ultima parola. Come fare perché il popolo, dopo aver letto il libretto, esprima il suo giudizio, la sua opinione, si senta stimolato a continuare la ricerca sul soggetto?
Dovremmo pensare e prenderci cura molto di più della valutazione. Scrivendo, disegnando, noi possiamo scatenare un processo educativo. Come accompagnare tutto questo?
Come fare perché la gente capisca che il libretto costituisce solo un inizio di un processo, che dovrà essere completato dai lettori nei loro gruppi di lettura, nelle loro riunioni.
Non pretendiamo che ogni libretto meriti il dibattito dei lettori, ma dovremmo fare in modo che i nostri libretti non siano letti come si legge una rivista a fumetti, prima di dormire.
f) Fino ad ora parliamo di quello che si sta facendo perché il popolo comprenda la sua storia. Però, quello che desideriamo è lavorare con la gente e non per la gente.
E qui sorgono nuovi problemi: come fare per mettere a disposizione del popolo le fonti storiche perché egli stesso produca i suoi strumenti di trasmissione?
L’esperienza già realizzata, di pubblicare libretti come “Radici della schiavitù”, il cui tento è di un poeta popolare, è senza dubbio positiva.
Ma come elaborare nuovi modi di espressione e di ricerca storica e di conoscenza storica: ricerca popolare, strisce di storie a fumetti, diapositive, video?
Accompagniamo un gruppo dilettante di teatro, formato da operai. Essi hanno studiato i documenti su una rivolta di negri a Bahia e hanno in seguito elaborato un testo teatrale sull’argomento, e l’hanno presentato nei quartieri popolari. La reazione della gente è stata positiva, di persone che si sono lasciate coinvolgere.
Paolo Maria Tonucci (1984)
Bibliografia:
– Jeans Chesneaux, Du passé faisons table rase?, FM, Petite Collection Maspero, Paris
– H. Portelli, Gramsci e o Bloco Histórico, Paz e Terra, Rio de Janeiro.
– E. Dussel, Historia general de la Iglesia en América Latina, I/1 Ediciones Sígueme.
– Eduardo Hornaert, A teologia de Pe. A. Vieria diante do seistema colonial, in Virada do Século na America Latina, Ed. Paulinas, São Paulo.