N.B. Sono contento cari amici di presentarvi questa «testimonianza » di don Paolo, che vive la mia stessa vita ed i miei stessi problemi. Come vedete si va perfettamente d’accordo! Ecco… lasciatemelo dire ancora una volta: don Paolo è stato il dono più bello che Dio mi ha fatto qui in Brasile, sopratutto perché lui ha… tanta pazienza ed io invece… pure!
Un salutissimo ed un bacione anche agli amici di Fano.
Renzo Rossi prete
Carissimi amici,
stavolta aggiungo qualcosa anch’io.
Dopo due anni che lavoriamo insieme (don Renzo ed io) e ci sopportiamo… a vicenda, non solo è aumentata l’amicizia tra noi, ma sono aumentati anche i nostri amici, perché gli amici di uno sono diventati gli amici dell’altro.
E’ un poco difficile aggiungere qualcosa a quello, che già vi ha scritto don Renzo. Mi pare che lui abbia detto proprio tutto: ormai sono due anni che facciamo sempre la stessa vita, con le stesse difficoltà e le stesse gioie.
Ci stiamo pian piano abituando a tutto: ai bambini dal ventre rigonfio per la fame, agli uomini che non arrivano a guadagnare 10.000 lire al mese e debbono mantenere la moglie e 5-6 figli.
In questi ultimi tempi mi sono occupato particolarmente degli « alluvionati » di Salvador dell’anno scorso. Il governo ha costruito, per loro in una zona di Fazenda Grande, dei blocchi di case. Ogni abitazione comprende un’unica stanza dove devono vivere almeno dieci persone…! E’ un anno che i lavori sono cominciati, ma manca ancora la scuola, il posto medico, manca l’acqua! Il servizio di fognature è gravemente deficitario…
Un giorno uno di questi alluvionati mi diceva che lui, con sette figli a carico, può comprare ogni giorno solo due chili di pane e un poco di carne salata… perché così i figli sono costretti a bere, e l’acqua riempie loro lo stomaco e non piangono. Lo diceva come se fosse la cosa più normale di questo mondo, come se non esistessero bambini che buttano via il pane e che stanno male perché hanno mangiato troppo…
A volte mi vergogno, perché noi mangiamo a sufficienza e perché ai loro occhi noi non possiamo non ricordare i « bianchi », quelli ricchi, quelli che stanno bene… quelli che li hanno sfruttati e che continuano a sfruttarli, quelli che predicano la fraternità e che non fanno niente per aiutarli.
Ma pian piano, stiamo notando con soddisfazione che qualcosa si muove! La gente, si sta accorgendo di questi preti che vivono come loro, che vanno in bicicletta sotto il sole e sotto la pioggia e che hanno sempre le scarpe infangate.
Il nostro apostolato è sopratutto un apostolato di testimonianza e di offerta della nostra amicizia a questi nostri fratelli che sono dimenticati dalle autorità e che vivono ai margini della civiltà.
E’ vero, è un apostolato difficile, ma noi siamo coscienti che non lavoriamo solo a nome nostro, non siamo qui di nostra esclusiva iniziativa, siamo qui rappresentando tutti voi. E non potete immaginare quanto sia bello non essere isolati, sentire che abbiamo alle spalle qualcuno (e voi, per fortuna, siete più che qualcuno…) che si preoccupa per noi, che è unito a noi nello stesso ideale di aiuto fraterno a tanti nostri fratelli che soffrono.
Il nostro lavoro non si ferma solo nell’offrire l’amicizia a parole, nel parlare dell’amore che Cristo ha per noi, ma cerchiamo anche di mostrare questo amore coi fatti.
Fin dall’inizio ci siamo trovati di fronte ad un problema molto grave: quello dei locali. La nostra Parrocchia (quasi 100.000 abitanti, più popolosa di tutta la mia diocesi di Fano!…) ha una sola chiesa, che può contenere circa 200 persone, e poi c’è il problema più strettamente umano, ugualmente gravissimo. Non possiamo accontentarci, non possiamo stare tranquilli in coscienza dando 100 lire ai poveri. Dobbiamo fare qualcosa per loro, per aiutarli a risolvere i loro problemi… si tratta di aprire scuole serali per analfabeti, scuole di taglio per ragazze, centri di artigianato, posti medici… Poi ci sono i giovani che non hanno una sala dove riunirsi, dove giocare, dove ballare…
E adesso ditemi: possiamo avere il coraggio, o meglio la sfacciataggine, di rimanere a braccia conserte e non fare niente, non dare una mano a questi nostri fratelli che aspettano da noi, da tutti noi, una prova concreta della nostra amicizia?
E così sono sorte le chiese-baracca di Fazenda Grande e di Jaqueira do Carneiro. Baracche di terra e legno, che per me valgono moltissimo, e sono magnifiche, perché l’hanno costruite gli uomini coi loro sacrifici, col loro lavoro.
Quando ci celebro la Messa mi commuovo sempre, perché penso che Gesù sia contentissimo di stare quaggiù in mezzo a noi, in mezzo a tanta povertà. Penso che Gesù preferisca la Chiesa di Fazenda Grande a tante chiese piene di oro. Noi abbiamo molto fango e non ci si può inginocchiare per non sporcarci, ma sono sicuro che, se Gesù è nato in una stalla, abbiamo certamente la sua preferenza.
E poi c’è un’altra cosa che vi piacerà senz’altro. La chiesa di Fazenda Grande è dedicata a Giovanni XXIII. Lo so, ufficialmente ancora non è santo, ma tanto lui nel cielo c’è senza dubbio e così lui, che comprendeva tanto i problemi dei poveri, sorride su di noi e ci benedice.
E’ commovente pensare che questi uomini di Fazenda Grande e Jaqueira do Carneiro, che lavorano tutta la settimana, hanno passato le domeniche costruendo la loro chiesa, desiderando solo che i loro figli possano avere un posto dove pregare, dove ricevere un pò di catechismo.
Così è nata anche un’altra baracca, che sarà un centro sociale, dove le ragazze impareranno a cucire e a cucinare, dove i giovani potranno riunirsi per un’ora di riposo e di gioco.
Questo è quello che finora abbiamo fatto nella zona dove io sto lavorando. Don Renzo vi ha parlato delle sue « realizzazioni » in legno e fango… Stiamo diventando ingegneri in questa specialità!…
E adesso vi faccio l’elenco dei progetti, dei sogni.
Prima di tutta c’è l’ampliazione della Chiesa-baracca di Fazenda Grande, che si sta mostrando sempre più insufficiente. Poi dietro la chiesa vorremmo costruire una scuola, un posto medico, un centro sociale per gli ex-alluvionati (perché se aspettiamo le promesse del governo…) e anche una stanza per il prete, perché è giusto che il prete stia in mezzo alla sua gente, partecipando il più possibile di tutte le preoccupazioni e privazioni.
Poi c’è il sogno di una casa per le Suore, con centro sociale e posto medico a Pitangueiras. E per finire l’elenco dovremo costruire altre due chiese, con centri sociali annessi in altri due bairros che sono distanti dal centro di Fazenda Grande e che hanno una vita totalmente autonoma.
Come vedete, ce ne sono di progetti!,..
Il guaio è quando, dopo aver sognato tutto questo ci troviamo di fronte alla realtà senza soldi e con un sacco di difficoltà!
Perché vi ho scritto tutto questo?
Perché se noi siamo qui è anche per colpa vostra, perché siamo un po’ vostri rappresentanti, ed è giusto che anche voi partecipiate delle nostre preoccupazioni. E poi vorrei che pregaste perché il Signore facesse un piccolo miracolo, deviando tanti soldi sprecati verso Capelinha e Fazenda Grande, in modo che noi potessimo fare un po’ meno gli ingegneri e gli impresari edili ed un po’ più i preti.
Volevo scrivervi solo poche righe perché ho compassione di voi che avete dovuto sorbirvi tutta la lettera del pretaccio fiorentino, e adesso mi accorgo che non so mantenere proprio nessun proposito…
Ora basta sul serio! Vi ringrazio di nuovo della vostra amicizia: ogni, tanto dite un’Ave Maria per i Vostri amici di Salvador. Posso compensare tanta bontà dicendo ogni tanto una preghierina per Voi.
Un abbraccio forte, tipicamente brasiliano!
Don Paolo