Camaçarì 3 novembre 1991
Carissimi amici, un forte abbraccio.
Il 26 ottobre è stato giorno di festa per la comunità cattolica di Camaçarì. Nel pomeriggio sono state inaugurate due sale per riunioni, culto domenicale e catechismo nel quartiere INOCOOP, che serviranno anche ai quartieri Piaçaveira e Verdes Horizontes. Sono quartieri recenti, dove la comunità è piccola, ma molto attiva. Si riunisce alla domenica per il culto (naturalmente senza sacerdote), ha vari gruppi di catechismo e un gruppo di sposi.
La comunità ha organizzato feste, tombole per aiutare la costruzione. Per queste due sale abbiamo speso quasi sette milioni di lire. La comunità ha collaborato con due milioni.
All’inaugurazione erano presenti il Cardinale della Diocesi di Salvador e Giovanni, mio fratello, Nunzio Apostolico in Bolivia, di ritorno dalle vacanze in Italia.
Dopo l’inaugurazione, sempre col Cardinale e Giovanni, c’è stata la Dedicazione della Chiesa della Madonna della Liberazione, in un quartiere popolare PHOC 1. La comunità di questo quartiere ha una lunga storia. Da più di 15 anni si riuniva nel culto domenicale, nella catechesi, gruppi di giovani, Legione di Maria. Si riunivano in una baracca che ormai stava cadendo. Abbiamo voluto costruire una chiesa grande e bella e credo che siamo riusciti con la collaborazione della comunità, di amici italiani e tedeschi. Finora abbiamo speso 90 milioni di lire e ancora la chiesa non è finita: mancano le porte, il pavimento, le finestre, ma la comunità ha già un luogo dove riunirsi. E domenica, 27 ottobre, c’è stata la 1° Comunione di 11 bambini preparati dai catechisti del quartiere.
Un giovane francescano, studente di teologia a Recife, ha dipinto il quadro della Madonna. Maria mulatta che benedice il popolo di Camaçarì e assicura la liberazione dai ari tipi di oppressione.
Dalla chiesa del POCH 1 siamo andati in processione fino alla Bomba, dove c’è stata la Dedicazione della chiesa di San Francesco di Assisi. Qui abbiamo speso 50 milioni e la comunità locale ha collaborato con un milione.
Adesso le comunità di INOCCOP, Piaçaveira, Verdes Horizontes, PHOC 1 e Bomba hanno un luogo di culto. Si sono impegnati perché la chiesa fatta di mattoni aiuti sempre di più a costruire la chiesa fatta di pietre vive. Con queste costruzioni adesso la città di Camaçarì (120 mila abitanti circa) ha 7 chiese e cappelle, 2 baracche. Avremmo bisogno di altri 4 luoghi di culto. Questo perché la città ha quartieri distanti l’uno dall’altro. I trasporti pubblici mancano e le persone hanno paura di uscire, soprattutto la sera, per la delinquenza.
La difficoltà è sempre economica. Camaçarì, che si è sviluppata all’ombra del Complesso Petrolchimico del Nordeste, ha una popolazione povera e la povertà aumenta ogni giorno per la crisi.
Se siamo riusciti a costruire le chiese e i luoghi di culto, è perché ci avete aiutato, avete aiutato questi fratelli che hanno bisogno di un pezzo di pane, ma anche di un posto, dove riunirsi per pregare, per ascoltare la parola di Dio…
Il lavoro pastorale va avanti. Da gennaio sono solo come prete perché Don Giovanni Stefani è in Italia, malato. Delia lavora come sempre, accompagnando le comunità, i catechisti… Gli animatori di comunità, i catechisti, fanno un lavoro molto bello, seguendo le comunità, visitando i malati, le famiglie, ma questo lavoro esige una maggiore presenza del prete. C’è soprattutto bisogno di seguire la formazione permanente dei catechisti, degli animatori, e poi, oltre alla città che cresce sempre, ci sono le comunità rurali (più di 15 mila persone, sparse anche a 70 km da Camaçarì).
In questi giorni, a gruppi, 270 ragazzini faranno la 1° Comunione (potete immaginare quello che c’è da fare per preparare tutto), più di 30 giovani saranno battezzati e 60° faranno la prima Comunione.
Nei quartieri, le comunità – che cercando di fare il cammino delle Comunità ecclesiali di base – hanno i loto alti e bassi. Sempre maggiore è il numero di quelli che si impegnano per vivere la vita cristiana, per vivere la comunità, per essere apostoli e agenti di un vero cambiamento.
Anche le iniziative, di cui vi ho scritto nelle lettere precedenti, vanno avanti.
Il gruppo di ceramica, che ha ricevuto il forno a gas e l’addestramento professionale dai ceramisti di Nove (Vicenza), ha migliorato nella produzione, ma affronta seri problemi di organizzazione interna (autogestione) e di commercializzazione per la crisi economica.
Un gruppo di signore di una comunità, con l’aiuto di un medico, portano avanti una farmacia naturale, fabbricando medicine con le piante. Il risultato è positivo perché possono offrire medicine a buon mercato, senza controindicazioni e rispettando la cultura, la tradizione del popolo.
L’avvocato una volta la settimana viene a Camaçari per seguire il Sindacato dei Lavoratori Rurali, l’Associazione degli insegnanti e per dare assistenza giuridica a quelli che non potrebbero far valere i propri diritti per mancanza di soldi.
La casa parrocchiale è un centro di consulenza, di appoggio per tanta gente. C’è sempre la fila di quelli che vengono a chiedere un pezzo di pane, l’aiuto per una medicina. Non è facile dire di sì a tutti, anche perché le necessità sono tante e aumentano ogni giorno.
Il Doposcuola va bene. È sempre una piccola goccia d’acqua nell’oceano, ma è pur sempre la testimonianza che qualcosa si può fare. Ho letto l’analisi che la grafologa ha fatto sui disegni dei nostri bambini – mandati a Fano per la Mostra dei disegni. Purtroppo le sue parole confermano quello che pensiamo: questi bambini sono costretti a crescere troppo in fretta, la scuola e la famiglia non aiutano, non stimolano i bambini per la maturazione di tutte le componenti della personalità. Quello che possiamo fare, al di là della denuncia, possiamo essere presenti, amici, perché sappiano che abbiamo fiducia nei bambini, nel futuro di questo grande paese.
Vi scrivevo in una lettera precedente di D. Antonia e del suo bambino più morto che vivo, che continua a sfidare la morte.
In problema non è solo la fame, provocata dalla miseria, ma c’è anche una buona dose di ignoranza. E un’ignoranza provocata dall’abbandono della cultura tradizionale – criticata, sottovalutata – e dall’invasione di una cultura nuova, venuta da fuori, impiantata con la forza.
La sfida che ci viene ogni giorno è di lottare perché attraverso la coscientizzazione i movimenti popolari, questo popolo scopra la sua storia, la sua dignità e costruisca una nuova storia.
Naturalmente il lavoro, le preoccupazioni pesano. In questi giorni ho ricordato che sono in Brasile da 26 anni. Venuto con l’idea di portare qualcosa ai brasiliani, mi accorgo che ho ricevuto molto, anche una maniera nuova di scoprire il cristianesimo e il mio essere prete. Ho passato i tempi duri della dittatura militare – sempre con la paura di essere arrestato –, i tempi, ugualmente duri della democratizzazione. I tempi in cui era di moda essere di sinistra e della Chiesa “progressista” e i tempi di oggi in cui c’è molta confusione, sfiducia, voglia di gettare la spugna.
Non so se ho fatto qualcosa di buono, senz’altro ho fatto un sacco di sbagli. Sono cambiato… anche se mi sento ‘brasiliano’, non lo sono a pieno diritto perché il governo mi ha negato la cittadinanza per ‘cattiva condotta’ e perché ho sempre l’accento straniero: non mi sento italiano, perché non sono inserito nella cultura, nella vita italiane…
Credo che sia arrivata l’ora di fermarmi un poco.
Capisco che da solo non posso continuare. Le esigenze del lavoro pastorale aumentano sempre e l’impegno degli animatori delle comunità e dei catechisti esige molto da parte nostra. Il Cardinale mi ha assicurato che non sarà difficile trovare un gruppo di sacerdoti che potranno continuare il lavoro a Camaçari.
Penso di prendermi qualche mese di riposo, perché sono stanco. Approfitterò per pregare, per pensare, per studiare. Penso anche di lasciare Camaçari. Dopo 10 anni di lavoro pastorale, è bene che la gente abbia un’altra presenza di prete.
Sono sicuro che le iniziative che sono state prese verranno continuate dalla gente, che assume sempre più le responsabilità della comunità.
È chiaro che non ho nessuna intenzione di lasciare il Brasile e l’America Latina. Credo che posso fare ancora molto come cristiano e come prete.
Rimaniamo uniti nella preghiera.
Eventuali aiuti che vogliate mandare sono sempre benvenuti e potranno facilmente arrivare alla gente di Camaçari.
Un forte abbraccio.
don Paolo