Meditazione di Paolo Tonucci
La nuova « lettera dal Brasile » è espressione di tutta la piccola comunità di Guadalupe: ho chiesto però a d. Paolo che scrivesse qualcosa anche lui. Ecco dunque questa sua bellissima meditazione, commento vero e sofferto della nostra realtà di ogni giorno.
Renzo Rossi prete
3 marzo 1968
Stasera, quando ci siamo riuniti nella nostra cappella di Fazenda Grande per la Messa, mentre prendevo tra le mani la patena per offrire quel pezzo di pane al Signore, mi è venuto spontaneo guardare in faccia la mia gente, pensare a quello che loro stavano offrendo al Signore, ripensare così a tutte le persone che ho incontrato oggi… E davanti all’altare c’è stata una sfilata di situazioni, di drammi… Ho rivisto i bambini del catechismo, raggruppati nelle case delle catechiste, mentre cercavano di imparare qualcosa… Erano così pochi stamattina! Forse perché siamo all’inizio dell’anno scolastico e ancora siamo in rodaggio; ma alcuni non potranno venire perché i genitori non li mandano, altri non verranno perché anche di domenica devono lavorare per portare a casa quei pochi soldi che serviranno ad arrotondare il magro salario del padre.
Stamattina, per le strade fangose, ne ho incontrati tanti di bambini… Forse ancora non sanno neppure che Gesù vuol essere il loro amico. Forse non sanno che sono venuto qui perché li amo… Ma, quando potremo chiamare tutti i bambini, quando potremo avere un luogo adatto per insegnare catechismo?
Poi ho rivisto gli uomini che lavoravano alla costruzione della cappella del bairro di Fonte do Capim, gli altri che stanno costruendo il posto medico e la casa parrocchiale. Lavoravano di domenica, dedicando il giorno di riposo al bene della collettività, pensando di costruire un avvenire migliore per i loro figli.
Il loro sudore sta adesso sulla patena insieme al sudore e alla sofferenza dí quei malati che ho visitato. Ho cercato di dire parole di conforto… ma come è difficile confortare gli altri quando io non soffro, quando vedo i malati adagiati in letti putridi, in mezzo alle mosche, senza nessuna assistenza, malati che aspettano la morte come una liberazione… Una vecchietta mi ha chiesto delle medicine, capisco che non serviranno a niente, ma devo portargliele perché così potrà morire consapevole che c’è qualcuno che le vuol bene, c’è qualcuno che la vuol aiutare…
Poi i ragazzini e le ragazzine che sono tornati dal campeggio due settimane fa e che oggi stavano lavorando nel fango per costruire il loro circolo, una baracca dove potranno riunirsi per studiare, per giocare, per conoscer un pò di più Gesù. Guardando questi ragazzini, la loro buona volontà, mi sento incoraggiato: forse attraverso di loro potrò arrivare ai genitori…
Un posto speciale è per una vecchia signora: oggi ho visitato la sua casa. Ha quattro figlie, tutte malate, e la casa può cadere da un momento all’altro. I legni già sono tutti fradici ed è solo la terra (il fango indurito) che sostiene il peso del tetto. Le ho promesso che farò qualcosa, ma cosa? Dovrei trovare degli uomini disposti a lavorare gratis e dovrei comprare il materiale… Certo è che lei non può aspettare. Per fortuna dalla mia diocesi, dai miei amici, mi sono arrivati degli aiuti: devono servire per il Centro medico, per l’artigianato, per la casa delle Suore, ma serviranno anche per le medicine della vecchina, per la casa di questa poverina, per aiutare tanta gente che stende la mano…
Poi ho rivisto quegli uomini che ho incontrato per la strada mentre giocavano a dominò. In quel momento stavano dimenticando le proprie difficoltà, il lavóro che non hanno, i bambini che stanno soffrendo la fame. Come sarebbe facile avvicinarli… parlare dei loro problemi, dir loro che anche Gesù li comprende, che è loro amico… spingerli a far qualcosa di più la domenica, mettere a posto quella strada che è tutta buchi, aprire uno scolo dell’acqua, aiutare a riparare una casa… Ma sono solo, purtroppo loro mi vedono soltanto mentre con la bicicletta vado da un posto all’altro per dar quel poco di assistenza religiosa che riesco a dare… Se venisse un altro prete ad aiutarmi, come sarebbe meglio, come potremmo risolvere tanti problemi.
Ma oggi ho avuto anche un incontro fugace con un gruppo di giovani che vogliono fare qualcosa, vogliono conoscere un po’ di più la situazione del nostro « bairro » per riunire il popolo, affinchè prenda coscienza della sua dignità e lavori e lotti per il proprio miglioramento. Giovani che hanno tanta buona volontà, ma che perdono spesso la fiducia, che fanno tanti progetti, ma che poi, di fronte alla prima difficoltà, si abbattono, giovani che cercano nel prete un amico che li sostenga… Ed io devo sostenerli, devo dar loro fiducia, anche se a volte mi verrebbe voglia di piantare tutto, perchè pare che tutto sia così impossibile,
Quelle donne che mi hanno fermato per chiedere che mi interessi per iscrivere i loro figli alla scuola! Il problema della scuola qui è terribile: ci sono sempre pochi posti in confronto ai bambini che dovrebbero studiare!
Cosa potrò fare? Già sono stato varie volte nella Segreteria dell’Educazione a chiedere, a supplicare, a esigere perchè possa essere accettato il maggior numero di alunni, perchè aprino un’altra scuola. Lo so che dovrebbero andar loro a chiedere, ad esigere, ma non ne hanno il coraggio. So che devo educarli a sentirsi responsabili, ma non posso lasciare dei bambini senza scuola. Loro hanno fiducia nel prete, non posso tirarmi indietro, devo lottare per combinare qualcosa.
Quel ragazzo di 19 anni che ho battezzato oggi dopo pranzo: quanti come lui avrebbero bisogno di essere istruiti .. Dovrei andare nelle loro case, interessarmi dei loro problemi. Ma come è difficile trovare il tempo!
Quelle ragazze che domani l’altro cominceranno il lavoro nell’artigianato parrocchiale. Sarà la prima esperienza qui a Fazenda Grande. Oggi mi sono incontrato con loro. Speriamo che insieme al lavoro comprendano la propria dignità di donne, comprendano la propria missione. Dovremmo fondare altri centri di artigianato per dare la possibilità ai ragazzi, alle ragazze di imparare un mestiere, di guadagnare qualcosa, di possedere un po’ di più…
Solo nella misura in cui saranno uomini, potranno essere cristiani, cristiani non rassegnati, decisi ad operare, a trasformare quella realtà che li circonda.
Come dimenicare quell’uomo che oggi mi ha fermato per chiedermi un aiuto? Un uomo forte, che però ogni tanto rimane senza lavoro, che rimane giorni senza guadagnare niente… i suoi bambini vogliono mangiare tutti i giorni… Lo so, l’aiuto che gli ho dato non serve a niente, lo so che forse potrà favorire in lui la prigrizia… ma io non sono capace di rifiutargli quei soldi quando penso a quei bambini che stanno aspettando da mangiare.
Infine sulla patena c’è posto anche per me. Stasera sono stanco, ho incontrato tante persone con le loro miserie, e la loro tristezza è diventata la mia tristezza, la mia preoccupazione. Ma nello stesso tempo mi fa piacere notare che la gente sta cercando il prete, forse lo cerca non tanto come rappresentante di Dio, quanto come amico… ma io so che anche Gesù Cristo ha cercato prima di tutto di diventare amico di tutti, e questo mi bastai.
Guardando alla giornata di oggi, non posso dire che ho risolto tanti problemi, ma forse ho fatto quello che è più importante, ho donato un po’ di me, ho donato la mia amicizia. Poi il Signore farà il resto! In fondo è per colpa sua che sono qui, che siamo qui Renzo ed io, per far vedere prima di tutto che ci crediamo all’amicizia, a quella amicizia che parte dal cuore di Lui…
don Paolo Tonucci