“Oggi Paolo mi ha confidato
che vuole entrare in seminario”
Anna Castellani
“E allora, Paolo, a ottobre entri in seconda media, e sarai ancora in classe con Giuliano”. Una vicina di casa, in visita alla mamma, si rivolgeva così al piccolo Paolo, che, insieme a me, assisteva al commiato tra le due signore. La risposta fu immediata: “No, signora, a ottobre io entro in seminario”. La mamma fulminò Paolo con un’occhiataccia molto espressiva, ma nient’altro fu detto fino a quando la vicina fu accompagnata alla porta. Poi il rimprovero divenne esplicito: “Quante volte ti abbiamo detto che sei ancora troppo piccolo per entrare in seminario!”. “Ma io voglio diventare prete. Ne ho già parlato col rettore, e lui è d’accordo”. Non ricordo altro di quella conversazione, ma so bene che, alla fine, Paolo fece come aveva voluto.
La vicenda umana di Don Paolo Tonucci si è svolta in due ambienti distinti: la città di Fano, nelle Marche, dal 1939 al 1965, e l’arcidiocesi di Salvador, nello stato brasiliano di Bahia, dal 1965 fino al 1994, anno della sua morte.
I suoi genitori si erano sposati nel 1938. Il padre, Bruno, proveniva da una famiglia molto povera. Non aveva potuto completare le scuole elementari e, per sopravvivere, fin da ragazzino aveva fatto i mestieri più diversi: apprendista calzolaio, cameriere d’albergo, commesso di una rivendita di olio, istitutore nel Convitto Nolfi. Aveva infine conseguito il titolo di infermiere, che gli permise di esercitare questa professione nel Seminario Regionale e quindi, dopo la guerra, all’INAM di Fano, presso cui fu impiegato fino all’età della pensione. La madre, Amelia Muratori, era casalinga ed aveva sviluppato grandi qualità domestiche: cuoca, sarta, ricamatrice. Si sposarono quando Bruno aveva 31 anni e Amelia 23.
Subito dopo il matrimonio, si erano alloggiati in un piccolissimo appartamento, preso in affitto, poco lontano dall’Arco d’Augusto e proprio fuori delle mura medioevali di Fano. Paolo nacque in questa casa il 4 maggio 1939. Seguendo la tradizione, dato che era il primogenito, al battesimo fu aggiunto il nome di Maria, per consacrare il neonato alla Madonna. Fu seguito poi da Francesco, Giovanni e Marco.
Durante la seconda guerra mondiale, al passaggio del fronte, quando, nel 1944, la città fu evacuata, la famiglia si trasferì a San Liberio, sotto Montemaggiore al Metauro, mentre Bruno restava in città, a lavorare in Seminario. Dopo la liberazione di Fano, il 27 agosto 1944, gli sfollati rientrarono in città, ma i servizi essenziali per la convivenza non erano ancora stati riabilitati. In quei mesi, Paolo, pur avendo solo cinque anni di età, frequentò privatamente la prima elementare insieme con altri bambini, sotto la guida di una maestra. Con l’avvento della pace, la situazione si normalizzò, le scuole furono riaperte, ed egli entrò direttamente in seconda, guadagnando un anno di scuola.
Fin da piccolo, Paolo aveva manifestato il desiderio di diventare sacerdote. Tra i suoi giochi preferiti c’era quello di “dire messa”, adoperando strofinacci da cucina come paramenti. I fratelli lo seguivano, talvolta malvolentieri, perché egli chiedeva molta serietà nel compimento delle rispettive funzioni. Con tutta la famiglia, frequentava la parrocchia del Duomo, dove la sua crescita spirituale fu guidata dal giovane parroco, don Costanzo Micci, e dalla delegata del Fanciulli di Azione Cattolica, la Signora Anna Castellani. Proprio da una pagina di diario della Signora Castellani abbiamo una prima testimonianza del desiderio di Paolo: “Oggi Paolo mi ha confidato che vuole entrare in seminario”.
Fu così che, durante il periodo delle vacanze estive del ’51, quando aveva già frequentato la prima media, all’insaputa dei genitori, parlò con il rettore del seminario diocesano, per precisare i tempi e i modi del suo ingresso. Bruno e Amelia, ambedue persone di grande fede, non erano contrari alla vocazione, che vedevano anzi con gioia, ma avrebbero preferito che Paolo aspettasse qualche anno, per operare una scelta più matura. Di fronte alla sua volontà così ferma, incoraggiati anche dal parere del parroco, accettarono che le cose andassero secondo il desiderio del figlio.
Nel seminario diocesano, Paolo frequentò le ultime due classi delle medie e il ginnasio. Poi continuò gli studi di liceo, filosofia e teologia presso il Pontificio Seminario Regionale “Pio XI”, anch’esso con sede a Fano. Completati gli studi di teologia, fu ordinato sacerdote il 29 giugno 1962, per le mani di Mons. Costanzo Micci, suo antico parroco, allora vescovo della diocesi di Larino, nel Molise.
Nell’autunno di quell’anno, fu nominato vice parroco della Cattedrale di Fano, come collaboratore di Don Stefano Mariotti. Don Stefano conosceva Paolo fin dai tempi del seminario minore, in cui era stato vice rettore e insegnante, e ne aveva molta stima. Lavorarono insieme per tre anni, suscitando molte attività e dando inizio ad un sistema di coordinazione parrocchiale volto a creare uno spirito di famiglia nella comunità. Una delle iniziative più tipiche era la visita all’ospedale, che facevano insieme ogni domenica pomeriggio. In questo modo portavano assistenza ed amicizia ai parrocchiani infermi, ma poi allargavano la rete di conoscenze anche ad altri ricoverati. Paolo ebbe l’incarico di seguire i settori giovanili dell’Azione Cattolica e fu animatore spirituale del gruppo sportivo. Il Vescovo lo nominò assistente diocesano dell’allora fiorente associazione dei Fanciulli di Azione Cattolica, che curava la formazione dei bambini dai sei ai dieci anni. In questo periodo stabilì amicizie profonde con molte persone, che gli restarono legate anche nei decenni seguenti.