1° giugno 1966
Domande che ci sentiamo a rivolgere, tanto spesso: “che cosa fa Don Paolo? Come si trova laggiù?” Ecco alcuni brani di sue lettere giunte in parrocchia:
“Le notizie che Lei mi chiede: sto benissimo, anche per la salute, mi sto abituando al clima e al mangiare… Per il lavoro in parrocchia (di 100.000 abitanti, circa) siamo Renzo e io.
Ieri sera, domenica, ho visitato, ma in modo molto e molto sommario, una parte della parrocchia, ho incontrato 5 chiese protestanti piene di gente, ho celebrato davanti a 50 persone, ho predicato, confessato… ma quanta tristezza al vedere quella gente che non frequenta la chiesa, che vivono come animali, quei ragazzi che sono lasciati a se stessi e che imparano solo vizi.
Lei mi chiede di scrivere qualcosa per il giornalino: ma, vede, a me fa rabbia che il mio caso, il mio apostolato sia guardato come una bestia rara, perché nella Chiesa è più che naturale che ci sia questo interscambio. E le ripeto: più che della compassione per il clima o per il mangiare, abbiamo bisogno dell’aiuto della preghiera, del sacrificio. È ora di smettere di considerarci come una specie di eroi, senza pensare che tutti nella Chiesa dobbiamo essere eroi”.
“Non si meravigli se Le scrivo a così breve distanza dall’ultima lettera, ma ho bisogno di sfogarmi un po’. Ho visitato un po’ meglio la mia parrocchia. Che pena! Perché ci deve essere tanta disuguaglianza in questo mondo? Perché in Italia, a Fano, ci deve essere un prete per 500 abitanti e qui in due preti ne abbiamo100.000, in una estensione che non si può immaginare (in una città, beninteso)? Durante la visita in Jeep è piovuto sempre, e così non siamo potuti arrivare dappertutto, perché ci sono dei punti dove il fango faceva slittare le ruote dell’auto.
Le difficoltà non sono solo economiche, le principali almeno, quando Lei pensa che non sono riuscito ancora a stabilire un contatto con un giovane… e i giovani sono il futuro del Brasile. Quando Lei pensa che le chiese protestanti sono molte e noi non possiamo comprare il terreno per poter fare una baracca per una cappella, perché servirebbero almeno una decina di cappelle per fare il catechismo, celebrare messa, fare riunioni. A volte abbiamo voglia di chiedere un miracolo, tanto è difficile questo ambiente così calmo, così sfuggente, in tutti i sensi… Le vorrei dire un’altra cosa: se sa che in diocesi c’è un prete che se la sentirebbe di venire giù, gli dica che qui sarebbe indispensabile: lo sa che non possiamo fare propaganda per i malati, battesimi, confessioni, perché, se poi vengono, come facciamo?