IN FAMIGLIA 1974
In famiglia 31 ottobre 1974.
Don Paolo: dalle sue lettere
14 maggio 1974
In questi giorni ho avuto un sacco da fare per avere continui contatti con le autorità, perché si muovessero e adesso sto cominciando ad aiutare le ragazze di Bon Juà per organizzare in tutti i sensi i desabrigados[1]. Malgrado le evidenti difficoltà, vedo che alcuni desabrigados si stanno muovendo nel senso giusto e abbiamo avuto da parte di gente di città e da parte della gente della parrocchia dei veri segni di solidarietà. Solidarietà negli aiuti immediati e solidarietà nelle richieste al Sindaco perché risolva definitivamente il problema delle case costruite in quelle zone. Il Sindaco per ora ha fatto promesse e noi dovremo sempre stare all’erta perché lui non se ne dimentichi e soprattutto perché l’opinione pubblica non ci lasci soli.
Naturalmente io sono abbastanza stanco. Avrei voluto riposarmi un po’ a maggio, ma vedo che sarà totalmente impossibile.
30 maggio 1974
Con la faccenda di desabrigados (senza tetto) in conseguenza delle piogge torrenziali, le cose si sono messe non tanto bene. Le autorità volevano buttar fuori le famiglie dalle scuole dove si erano rifugiate, dopo aver perduto tutto, dando cr. 210 (20.000 lire); naturalmente abbiamo cercato di intervenire, sia presso le autorità, con il vescovo, e presso i desabrigados perché non accettassero la proposta delle autorità. Soprattutto gli assistenti sociali si sono arrabbiate alquanto e hanno accusato me di sollevare i desabrigados contro le autorità (così dicono i giornali di qui…),
Ieri Don Timoteo, abate di s. Bento[2], sul giornale ha fatto una difesa dell’operato mio e degli altri della parrocchia. Spero che tutto questo serva perché i desabrigados possano ottenere veramente un terreno dove possano costruire la propria casa. Ti scrivo tutto questo perché tu possa accompagnare le cose di qui. Non credo che ci saranno conseguenze di rilievo a queste accuse delle autorità municipali.
Da parte mia sono abbastanza tranquillo e continuo il lavoro di sempre. Adesso ricominciamo la scuola professionale col 2°corso di elettricità basica e industriale. Sto anche cercando di moltiplicare i miei incontri con gruppi di operai di Fazenda Grande. Ti[3] assicuro che avrei bisogno di un po’ di riposo ma in questa situazione non c’è neppure da pensarci……
18 giugno 1974
La situazione ancora è abbastanza critica: i senzatetto sono alloggiati in due scuole e in un baraccone. Varie famiglie hanno ricevuto un aiuto minimo per uscire, ma la maggior parte rimane ferma, decisa a non uscire se non per andare in una casa che il governo ha promesso di costruire…… Purtroppo la gente si sta stancando di vivere in una situazione così disumana… Puoi immaginare il lavoro nostro per dare coraggio a questa gente e per esigere dalle autorità un po’ di umanità.
Naturalmente tutto questo sta stancando un po’ tutti noi perché dobbiamo continuare l’attività normale (adesso è cominciato il 2°corso della scuola professionale e sto seguendo un po’ i ragazzi…) e dobbiamo seguire questa situazione dei desabrigados. Io sono mezzo esausto…
Adesso sono quasi solo, perché Marisa e Maria sono in Italia. Il 14, Sergio è tornato in Italia perché è morta la mamma, Luigi è stanchissimo e non sta bene. Cristina ha il babbo all’ospedale e non sa se dovrà tornare in Italia…
In tutto però sono tranquillo, anche se sto risentendo un po’ di tutto questo lavoro… Il 29 giugno faccio 12 anni di prete! Prega e fa pregare per me…
26 giugno 1974
La faccenda dei desabrigados è ferma. La gente continua in due scuole e in un baraccone, aspettando la buona volontà del sindaco. Alcune famiglie, anche per la situazione disumana in cui si trovano, hanno lasciato le scuole accontentandosi dei pochi soldi dati dal governo. Quasi 1000 famiglie stanno aspettando – dopo due mesi – e noi stiamo dandoci da fare per aiutarle un po’… Malgrado tutto, abbiamo voluto cominciare il 2° corso di elettricità e la cosa va abbastanza bene. Io sto insegnando portoghese e aiuto gli alunni (sono quasi tutti operai) a riflettere sulla situazione operaia…
Tu mi scrivi che devo pensare alla mia salute. Hai pienamente ragione, solo che mi trovo in una situazione non facile.
10 agosto 1974
Qui le cose vanno come sempre. Il lavoro sta aumentando ogni giorno di più. Adesso poi, sono praticamente solo di fronte a tutti i problemi per l’assenza di Sergio e di Renzo.
La faccenda dei senzatetto continua abbastanza grave. A più di tre mesi dalla tragedia, i desabrigados continuano nelle scuole e non sappiamo cosa potrà succedere. Vari bambini sono morti di fame, di febbre. Quasi tutti i bambini sono febbricitanti e naturalmente il governo non manda nessun medico… molta gente è scoraggiata e ti assicuro che è difficile andare a trovare i desabrigados, perché non si sa cosa dire…
Continua anche il 2° corso di elettricità basica industriale nella Scuola Professionale. Cerco di seguire di più gli alunni, aiutandoli a riflettere sulla situazione degli operai e per ora la cosa va benino, anche se le difficoltà non mancano.
Per il movimento di evangelizzazione stiamo cercando di partire per una maggiore insistenza nell’azione. Vorremmo che ogni gruppo di riflessione sul vangelo si trasformasse in un gruppo che cerca anche di agire, per migliorare in quello che è possibile la situazione del “bairro” o dei vicini. Naturalmente tutto questo prende un sacco di tempo e anche molto la testa… Avrei abbastanza bisogno di riposo, ma per ora non vedo nemmeno la possibilità di fermarmi. Vedremo…
Ti ringrazio degli auguri e delle preghiere per il compleanno del mio sacerdozio. Continua a pregare perché faccia il prete un po’ sul serio…
5 settembre 1974
Spero che, quando riceverai questa mia, già sia tornato a Fano in condizioni ottime di salute[4]. Sappi che ti sono vicino, con la mia preghiera e con quella della mia gente. Stasera, giovedì, celebrerò nella casa delle suore e la messa sarà per te… quello che ti chiedo di continuare a pregare per me perché faccia sul serio…
Qui le cose vanno come sempre. Sento un po’ di stanchezza che non è solo fisica. A volte verrebbe voglia di smettere di andare controcorrente. Lasciarsi andare senza tante preoccupazioni di ordine spirituale e politico. Ma alla fine continuo ad andare avanti, malgrado tutto.
Per i desabrigados la situazione continua quella di un anno fa. Il prefetto ha dato il terreno ma i senza tetto rimangono nella scuola e non sappiamo cosa il governo abbia intenzione di fare. Naturalmente sto cercando di mantenere la gente unita perché continui a lottare, perché solo con la lotta si può ottenere qualcosa, ma è duro praticamente sentirsi soli… Il problema dei senzatetto è un problema già dimenticato…
Con il movimento di evangelizzazione stiamo cercando di portare avanti un discorso nuovo: insistendo con la gente perché ogni comunità non si fermi solo a riflettere ma a portare avanti un’azione in cui tutti si sentono coinvolti e partecipi.
Per il posto medico stiamo continuando a lavorare in due direzioni: insistendo con la municipalità perché assume la responsabilità della cosa, e con la gente perché sia lei a sentire l’impegno. Anche qui è un lavoro lungo e stancante, ma spero proprio che pian piano il popolo possa crescere…
Avrai anche capito che sono stanco anche fisicamente. Praticamente, da quando sono tornato dall’Italia l’anno scorso non sono riuscito ad avere un giorno libero vedremo se riuscirò a fare un po’ di ferie…
[1] Questi “desabrigados” non sono gli stessi di cui Don Paolo aveva parlato in precedenza. Le piogge battenti avevano distrutto molte case di “taipa” nel quartiere di Bom Juà, lasciando molte famiglie senza un tetto.
[2] Dom Timoteo Amoroso, Abate Benedettino del Monastero di São Bento in Salvador, è stato amico e consigliere spirituale di Don Paolo e degli altri missionari. Si è sempre distinto per il suo coraggio e la sua coerenza, nel denunciare le ingiustizie del Governo dittatoriale di quegli anni.
[3] All’inizio del 1974, Don Stefano si era recato in America Latina, per incontrare il suo fratello maggiore, da molti anni stabilitosi in Argentina, e visitare sia le Suore Sacramentine in Argentina, sia Don Paolo in Brasile. In quella circostanza aveva insistito perché Don Paolo non lo trattasse più con il rispettoso “Lei”, come fino ad allora, ma con il fraterno “tu”.
[4] Don Stefano era stato ricoverato a Verona, per curarsi della forma tumorale che lo ha portato alla morte il 20 marzo 1975.