Curano alla leggera la ferita del mio popolo,
dicendo: “Pace, pace!”, ma pace non c’è (Ger 6,14).
Geremia, in un tempo di crisi, denunciava i falsi profeti che erano indifferenti di fronte ai gravi problemi che affliggevano la gente, aiutando a creare l’impressione dell’esistenza della pace quando non c’era pace.
Oggi, dopo 2.600 anni, il messaggio di Dio che arriva attraverso le parole del profeta Geremia, ci interrogano sulle nostre omissioni e ci obbligano a parlare davanti ai gravi problemi che ci affliggono.
Siamo in tempo di crisi. Crisi provocata dalla nostra dipendenza dai paesi ricchi, dalla mancanza di una pianificazione che consideri gli interessi della maggioranza della popolazione, dalla corruzione dei nostri dirigenti.
L’amministrazione pubblica è condotta tenendo in considerazione gli interessi di un piccolo gruppo di persone e, come in altri tempi il re del Portogallo concedeva le “capitanie” ereditarie (divisione territoriale del Brasile, a vantaggio di famiglie ricche) ai suoi amici fedeli, oggi agli amici e adulatori si dà tutto, ai critici e a quelli che non danno il loro appoggio non si dà nulla, o meglio li si ostacola.
Un esempio recente di questo è nella nomina del Rettore Magnifico della Università Federale di Bahia, fatta trascurando la volontà della grande maggioranza della comunità universitaria, nel tentativo di colpire una istituzione che deve eccellere per la sua indipendenza e per l’impegno con la cultura ed il popolo.
Altri fatti sono l’esonero del Delegato dell’Istituto Nazionale di Colonizzazione e Riforma Agraria nella Bahia, del Delegato del Tribunale Regionale del Lavoro e le nomine conseguenti, motivate dalla fedeltà a chi governa.
La concessione dei canali della televisione e della radio è fatta come premio per i sottomessi e gli adulatori di tutta la potente squadra di governo, e le rappresaglie delle quali è vittima il nostro Stato sono il prezzo da pagare per la relativa indipendenza dei dirigenti del nostro Stato.
Le televisioni globali e i giornali locali si segnalano nel distorcere le notizie e attaccare la Chiesa, impegnata con i poveri, per difendere i propri interessi.
Il fenomeno dei “marajà”, per cui alcuni giungono a guadagnare cento volte di più della grandissima maggioranza, è considerato corretto, e scorretta la rivelazione dei loro privilegi arbitrari, in una evidente inversione dei criteri morali, in una dimostrazione evidente di una legge che è a servizio della classe dominante.
Intanto, i costituenti si vendono per appoggiare leggi che favoriscono interessi delle classi dominanti, allontanando ancora di più il popolo dalla partecipazione al potere, la grande maggioranza della popolazione affronta un’inflazione galoppante, che aumenta con le misure palliative del governo.
La lista dei problemi affrontati dalla popolazione è quella di sempre, sole che è aumentata: mancanza di abitazioni, di scuole equipaggiate e preparate per un insegnamento decente, trasporti insufficienti, attenzione sanitaria precaria, disoccupazione, abbandono dei minori, pensionati umiliati e dimenticati.
Nella campagna, vicino alle nostre città, le società immobiliari avanzano, espellendo i piccoli agricoltori.
Nel Polo Petrolchimico e nel Centro Industriale di Aratù gli impiegati che producono ricchezza per gli impresari ricevono un salario di fame. Il fenomeno degli appalti (che riduce i lavoratori nella condizione di precari) continua ad emarginare più della metà degli operai che lavorano nelle imprese.
Nel Polo i licenziati per lo sciopero del 1985, nonostante le promesse, continuano ad essere tenuti lontano dal lavoro.
Con l’avvicinarsi delle elezioni, si moltiplicano i candidati agli incarichi elettivi, preoccupati – a quanto sembra – dei grassi salari e privilegi più che nella difesa degli interessi della gente.
Riconosciamo anche che noi cristiani continuiamo ad essere negligenti di fronte ai gravi problemi, sembra che stiamo sempre di più tornando nelle sagrestie.
La Campagna della Fraternità di quest’anno, “Fraternità e il Negro” non è stata accolta nel modo dovuto, dimostrando che non riusciamo a superare il razzismo e i preconcetti contro i fratelli negri, la loro cultura e la loro religione.
Davanti a questo quadro, non dobbiamo scoraggiarci né incrociare le braccia. Siamo nel tempo di Pasqua, nel quale celebriamo la vittoria di Cristo sul peccato, il male, la morte. Cristo risorto anima la nostra speranza. Se egli ha vinto, noi con lui possiamo vincere.
Tutto quello che accade stimola tutti a riflettere e ad agire. Possiamo costruire un Brasile diverso nella misura in cui saremo più coscienti di chi è dalla parte nostra e di chi fa solo promesse.
Invitiamo tutti ad accompagnare i lavori della Costituente, per giudicare i deputati e i senatori che votiamo. Invitiamo tutti ad accompagnare l’impegno del governatore, dei prefetti, dei consiglieri, dei segretari.
Il voto è la nostra arma. Non andiamo dietro a chi fa promesse ma a chi mostra serietà e onestà.
Noi della Commissione Giustizia e Pace ci mettiamo a disposizione delle comunità per aiutare nel dibattito e nel chiarimento. Ricordiamoci del ritornello che cantano le comunità: “Il mondo sarebbe migliore quando il minore che soffre credesse nel minore”.
(N.B. non datato forse 1988)