15 giugno 1968
Salvador 11 maggio 1968
Carissimi amici,
vi scrivo stavolta perché proprio ne sento la necessità. È vero che non sono troppo bravo a scrivervi e lo sanno bene quelli che mi scrivono, perché ritardo un sacco a rispondere… Ma che felicità ricevere una lettera da uno di voi!… Non ho tante cose da dirvi perché la vita di qui è sempre la stessa, anche se le preoccupazioni stanno aumentando man mano che cresce la conoscenza della mia gente. In questo mese di maggio, mese della prima comunione, mi è facile pensare a tutti voi.
So che ancora il Duomo è chiuso e che tutto questo ha portato un po’ di sconvolgimento nelle vostre abitudini di frequentatori della nostra chiesa; ma questo fatto vi aiuta un pochino a comprendere i miei parrocchiani, i nostri amici di Fazenda Grande, di Horto, di Jaqueira do Carneiro, di Fonte do Capim, che si riuniscono per il mese di maggio nelle case private, perché per ora abbiamo solo una chiesa di malta e legno.
Nella stagione delle piogge
Poi adesso, in maggio, siamo nella stagione delle piogge, con l’effetto, abbastanza immaginabile, delle strade allagate dove ci si affonda nel fango fino a mezza gamba e dove la mia bicicletta minaccia di scivolare da un momento all’altro… e non sempre minaccia, qualche volta è scivolata sul serio e allora… Per fortuna che non porto la veste perché se no…!
Ho una cosa magnifica da dirvi: la chiesa di taipa di Fazenda Grande, quella che avete visto nella foto che don Stefano ha pubblicato, sta diventando troppo piccola, è da un po’ di tempo che la domenica celebro messa con la mia gente all’aria aperta, e sempre più di 300 persone assistono e cercano, con molta buona volontà, di ascoltare dal mio portoghese, non ancora totalmente comprensibile, la parola di Dio. Quando pensate che un anno fa arrivavamo, sì e no, a 120 persone, potete comprendere la mia gioia.
Ma, insieme con queste gioie le preoccupazioni aumentano sempre più perché sto conoscendo sempre di più la mia parrocchia e vedo che ci sarebbe bisogno urgente di dare assistenza religiosa a tante persone e non posso. Cosa posso fare da solo di fronte a tanta gente?
4 mila scolari
In questi giorni ho visitato le scuole elementari. Non tutte sono dello Stato, moltissime sono di privati, anche di ragazze che hanno appena finito le elementari che adesso stanno insegnando a leggere e a scrivere a prezzo abbastanza modico… Cosa volete? Le scuole dello Stato sono assolutamente insufficienti di fronte alla moltitudine di bambini dei vari bairros[1], e i genitori sono costretti a mandare i propri figli in queste scuole a pagamento, piuttosto che vedere i propri bambini, senza scuola, crescere analfabeti come loro…
Vi dicevo che ho visitato queste scuole elementari: ci sono più di 4.000 alunni, e questo solo nella zona dove lavoro io… Don Renzo ne ha anche di più, e quasi in nessuna scuola insegnano religione… Se pensate che questi bambini e queste bambine sono il futuro del Brasile, un punto chiave del terzo mondo, potete comprendere ancora di più tutta l’angustia che ho. E dire che avremmo ingresso libero in tutte le scuole, tutti ci accolgono bene, ci desiderano; ma cosa posso fare da solo? Quanto sarebbe necessario un altro prete!
Tante persone che aspettano
Ormai io ho pregato tanto per questa intenzione, adesso mettetevi anche voi a scocciare il Signore; chissà che lui non faccia quello che pare un miracolo…
Vi ho parlato del problema delle scuole elementari; ma questo è solo uno dei problemi, perché ci sono i ragazzi del ginnasio, i giovani, le coppie di sposi, i lavoratori, i vari clubs che qui sono molto diffusi, le leghe sportive… Tutti sarebbero disposti, aperti ad un incontro col prete e potete immaginare la mia sofferenza quando sono costretto a dire di no, quando debbo rifiutare un invito a visitare una famiglia, una scuola, un gruppo di uomini. E, quando vi scrivo queste cose, rivedo tanti volti, tante persone che aspettano e che forse aspetteranno invano. Ma cosa posso fare? Anche “fratello corpo” ha i suoi diritti, le sue esigenze e quando la notte torno a casa sono stanco morto. Qui il caldo e l’umidità aumentano la stanchezza, e l’attività venne ridotta fatalmente, anche con tutto il dispendio di forze.
Il vostro aiuto
In questo ultimo anno ho avuto da parte del Vescovo, della diocesi, della parrocchia con don Stefano, dei giovani “cenciaioli”, di tutti voi, tante prove della vostra bontà. Mi avete assistito con il vostro affetto, con la vostra preghiera, anche con il vostro sacrificio, con il vostro aiuto. Quando ricevo gli aiuti che mi mandate, insieme alla gioia che sento perché potrò aiutare questi nostri fratelli, questi nostri amici che soffrono tanto, mi viene sempre da pensare e da chiedere se sono sempre degno di tanta vostra bontà, e sono sempre più spinto a sacrificarmi, a lavorare di più, perché l’esempio del vostro sacrificio è per me una tirata d’orecchio.
Devo darmi di più, devo spendermi di più; e questa è un’esigenza della vostra amicizia; quaggiù vi rappresento e vi debbo rappresentare meglio che sia possibile. E allora mi viene da pensare a tutte le sudate, e tutte le delusioni, ai momenti di sconforto che mi prendono… e metto tutto sulla patena nella Santa Messa, perché Lui, il Cristo, faccia il miracolo e con queste povere cose, con queste miserie, che io gli posso offrire, faccia diventare questi nostri amici dei veri cristiani, dei veri figli di Dio.
Stiamo costruendo
Gli aiuti che ci avete mandato si sono trasformati in pane, in libri di catechismo, in medicine, e anche in terreni, in cemento e mattoni. Stiamo costruendo, voi in Italia e noi quaggiù, due chiese, un posto medico, due saloni dove le ragazze stanno apprendendo un mestiere.
Strutture e popolo di Dio
Ma, se davanti allo spettacolo delle costruzioni che stanno crescendo, c’è da rimanere soddisfatti, perché mostrano la buona volontà degli uomini, tutto questo per me è fonte ancora di angustia, perché tutto questo è struttura, mentre l’importante, l’unico necessario è formare il popolo di Dio. Non servirebbe a niente una chiesa, se la Chiesa non fosse già impiantata nel cuore della gente, se la gente non fosse Chiesa! Voi direte forse che sono pessimista, ma io penso che in noi cristiani deve rimanere sempre questa tensione, a far di più, a fare meglio, perché io sono venuto qui a nome anche vostro, perché questi nostri fratelli diventino autosufficienti. Il lavoro che stiamo facendo, l’aiuto che stiamo dando è perché questa gente non abbia più bisogno del nostro aiuto.
Io li ho sempre davanti
Forse voi pensate che adesso io non abbia più progetti: se pensate questo, siete in grande errore… Adesso che stiamo per avere il posto medico, che abbiamo due saloni, adesso vieni il bello, perché si tratta di farli funzionare. Prima di tutto dobbiamo equipaggiare il posto medico. Non possiamo permettere che tanta gente muoia per mancanza di assistenza medica. Non possiamo permettere che bambini muoiono prima di avere un anno, perché non hanno medicine non hanno vitamine.
A voi forse queste cose che vi scrivo non fanno tanto impressione, ma io li ho sempre davanti, io li vedo i bambini denutriti, i bambini che svengono a scuola perché non hanno fatto colazione, io conosco gli uomini che guadagnano 10.000 lire al mese e hanno una famiglia numerosa, io conosco gli uomini che sono desiderosi di imparare a leggere e a scrivere per non soffrire sempre soprusi di quelli che sono potenti, e che aspettano da me un aiuto anche in questo senso, io conosco quelle ragazze che sono nell’aspettativa di imparare un mestiere, quei ragazzi che hanno bisogno di specializzarsi per non ingrossare il numero di disoccupati.
Lo so, tutto questo non è compito nostro, è compito dello Stato, ma quando lo Stato non se ne importa, noi non possiamo dimenticarci che beneficando un uomo stiamo beneficando il figlio di Dio e che quanto più un uomo è uomo, tanto più potrà avere la capacità di diventare figlio di Dio.
Siamo tutti criminali?
Tutti noi diciamo che tale progetto è un crimine. Ma centinaia di milioni di uomini che oggi vivono nell’Africa, nell’Asia, nell’America Latina, qui in Salvador, così come se un altro Hitler gli avesse condannati alla malattia, alla debolezza e all’ignoranza. Nessuno di noi lo ha voluto, ma il fatto rimane che noi tutti insieme saremmo capaci di farla cessare questa situazione inumana e che finora non lo abbiamo fatto.
Miei cari amici, questa lettera è stata per me uno sfogo, scusatemi se vi ho stancato e se vi ho un po’ angustiato, ma se siamo amici dobbiamo partecipare delle sofferenze l’uno degli altri.
Grazie per tutto quello che avete fatto per i nostri amici: solo Dio potrà ricompensare la vostra bontà! È a lui che affido questo incarico! continuate a volerci bene!
Don Paolo
[1] “Bairo” è il termine brasiliano per quartiere.