IN FAMIGLIA 1972
30 ottobre 1972
Rio,12 ottobre 1972
Carissimi amici,
finalmente mi decido a scrivere. Non posso più dire a don Stefano che dovete avere pazienza che tra poco vi scriverò…
Per cominciare, spero che tutti stiate bene e che il lavoro che state facendo continui così bene come l’avete cominciato. Vorrei anche ripetervi il ringraziamento mio e della gente della parrocchia per quello che voi fate per tutti noi. Vi sentiamo vicini e tocchiamo con mano la realtà dell’essere fratelli, del partecipare di una stessa famiglia.
Il sapere che ci siete vicini, che vi preoccupate per tutti noi, ci aiuta non solo a superare le difficoltà economiche, ma ci stimola ad impegnarci sempre più perché la nostra gente prenda coscienza di sé e diventi artefice della propria storia, della propria storia di liberazione.
Le difficoltà che stiamo incontrando non sono poche. Quelle che più appaiono forse non sono le più grandi. La difficoltà più grande rimane sempre quella di essere capaci di tirarsi indietro, perché sia il popolo a crescere, sia il popolo a prendere le proprie decisioni. La nostra funzione, missione, è quella di stimolare, suscitare le ricchezze che sono nel popolo – e ricchezze che sono cristiane –.
Un lavoro che forse a prima vista può sembrare semplice, facile, ma che si dimostra sempre più difficile… Ad un popolo abituato da una tradizione secolare ad ubbidire, a non poter esprimere il proprio pensiero, è difficile, faticoso, far scoprire le proprie capacità, far capire che è lui che deve diventare attore, protagonista anche nella Chiesa.
Con questo scopo abbiamo fondato un movimento di evangelizzazione, i cui gruppi si riuniscono per discutere – senza orientamento del prete – i problemi della vita alla luce del vangelo. È chiaro che occorre moltiplicare tali iniziative, occorre continuamente spingere la gente ad assumere la direzione di ogni iniziativa, a farsi partecipe di tutti i problemi che sorgono intorno. E da parte nostra occorre saper ascoltare la gente che ci è intorno per non precipitare le cose, ma neppur lasciare tutto come sta.
L’aiuto che voi ci date, di mantenere un gruppo di suore brasiliani in parrocchia, è in questo spirito. Credo di avervi annoiato con tutti questi discorsi, oltretutto abbastanza confusi, ma ho voluto rendervi un po’ partecipi delle preoccupazioni mie e di quelli che lavorano con me. Adesso sono a Rio de Janeiro dove sto partecipando a un corso di aggiornamento pastorale di 3 mesi. All’inizio di novembre sarò di nuovo a Salvador con la mia gente.
In questi mesi ho cercato di riflettere sul significato del lavoro che stiamo facendo, ho cercato di criticarlo e vi assicuro che, al ritorno, vorrei impegnarmi ancora di più perché possa essere veramente al servizio di quella che sta diventando sempre più la mia grande famiglia. Fra un anno circa, sarò a Fano per le ferie, e allora avremo modo di parlare un po’ a lungo, di discutere un po’. Quello che vorrei è che voi mi rispondeste e che potessimo un po’ dialogare. Vorrei veramente che foste partecipanti del nostro lavoro.
In questa lettera ho cercato di darvi la visione molto generale di quello che sto tentando di fare. Aspetto il vostro giudizio, i vostri suggerimenti. Sono sicuro che una vostra critica può aiutarci molto!
Adesso smetto! Continuate a pregare per tutti noi! Grazie per tutto quello che state facendo. Un forte abbraccio.
Don Paolo